martedì 27 novembre 2007

ORDINI CAVALLERESCHI, Della soggettività degli Ordini

Internazionale In ambito cattolico sopravvivono pochissimi ordini cavallereschi che non appartengono al patrimonio sto-rico e morale di una dinastia. I più importanti sono il Sovrano Militare Ordine di Malta, l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e l'Ordine Patriarcale di Sant'Ignazio d'Antiochia. Parliamo, natural-mente, di ordini di provata legittimità.

Gli altri ordini legittimi, pur antichi e prestigiosi, appartengono, per vicissitudini storiche, ai patrimoni delle grandi dinastie.
Qual'è, però, la soggettività di questi ordini? In altri termini: il fatto che i capi di queste dinastie siano al vertice di tali ordini dà loro anche il diritto di disporne come desiderano?

Si può dare una prima risposta a questa domanda ricordando la genesi di quasi tutti gli ordini religioso-militari nel corso del medioevo: nati per iniziativa per così dire "privata" di cavalieri o nobili del secolo, dopo un certo tempo vennero approvati dal Papa, divenendo così legittimi, sia dal punto di vista giuridico (in virtù dell'assetto normativo d'allora) sia sotto il profilo spirituale. Assunsero cioè piena soggettività propria, analogamente a quanto accadde per Ordini religiosi come quello francescano o quello domenica-no.

Diretti da un Maestro, a sua volta quasi sempre eletto dal "convento" (cioè dall'assemblea, più o meno ri-stretta, degli appartenenti all'ordine) ed a questo sottoposto per determinate questioni, gli ordini religioso-militari godettero di vita propria.

Anche quando un ordine fu affidato dal Vicario di Cristo a questa o quella dinastia (si pensi, ad esempio, al Sacro Militare Ordine di Santo Stefano Papa e Martire o all’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro), non per questo mutò la sua natura, né perdette la sua soggettività.
Va però rilevato il fatto che in questi casi la dinastia affidataria non esercita un diritto di proprietà, del re-sto incompatibile con la stessa natura di un ordine, bensì è tenuta ad esercitare il diritto-dovere di custodia.
Ne derivano almeno tre conseguenze:
- un tale ordine non ha bisogno d'alcun riconoscimento da parte della Santa Sede, perché fu da questa costituito;
- il Papa può avocare di nuovo a sé l'ordine;
- il Maestro dell'ordine, normalmente il capo della dinastia a cui fu affidato, è il custode dell'ordine, non il proprietario. Fra le sue principali responsabilità vi sono dunque quelle della tutela delle tradizioni, del patrimonio e dell'immagine dell'ordine, quest’ultima intimamente legata anche all'attività svolta ai nostri giorni. Non va dimenticato, infatti, che queste istituzioni non nacquero come semplici ordini di merito, ma con uno scopo ben diverso, usualmente religioso (comune a molti ordini è, ad esempio, il fine dell'esaltazione della Santa Croce, cioè del Sacrificio redentore di Cristo) e caritatevole, nonché, soprattutto nei primi secoli, di difesa dei pellegrini nelle loro visite ai luoghi santi e di contrasto dei nemici della Chiesa cattolica.
Non è d'alcun rilievo il fatto che l'ordine abbia potuto, per un certo periodo di tempo, essere "messo a di-sposizione" di uno Stato in virtù del fatto che il capo della dinastia affidataria sedeva, in quel periodo, sul trono di quello Stato. In casi come questo, pur se le sue insegne vengono quasi sempre utilizzate anche per retribuire semplici meriti, l'ordine non cambia la sua natura, che, per così dire, si "arricchisce" di una nuova funzione (peraltro certamente secondaria) fino a quando cessa l'utilizzo delle decorazioni da parte dello Stato.
Se, nel frattempo, non sono intervenute modifiche statutarie lecite (cioè approvate dal Papa e/o, a seconda dei casi, dagli insigniti) che ne abbiano modificato la natura, in quel momento l'ordine torna, ipso fac-to, alla sua missione originaria.

Ecco dunque che la vita ed il prestigio di queste istituzioni dipendono, anche oggi, quasi esclusivamente dal comportamento degli insigniti (la spiritualità è certamente preminente, perché base d’ogni degna ini-ziativa) e dalle attività concretamente svolte. Desiderare di farne parte al mero scopo di poter esibire u-n'onorificenza è sciocco e controproducente, perché serve solo a svalutare l'ordine e, dunque, a metterne in pericolo l'esistenza.

Ben diverso, ovviamente, il discorso relativo agli ordini di merito.
Normalmente, infatti, questi ordini non postulano alcuna attività, perché nascono solo con l'obiettivo di ricompensare un merito acquisito con attività svolte in certi campi, oppure a favore di una dinastia. Si tratta cioè d’enti di diritto civile senza alcun contenuto istituzionale di spiritualità, motivo per il quale non sono mai stati sottoposti all’autorità del Papa. In esse la soggettività propria, pur determinata dalla loro stessa natura, non è supportata (potremmo dire fortificata e garantita) da una missione.

Naturalmente, anche per questi ordini valgono i criteri, del resto dettati dal buon senso, di una gestione oculata e dignitosa, ma manca tutto l'aspetto legato alla necessità d'agire per non tradire la propria natura. Sono dunque gli ordini ideali per chi desidera accumulare onorificenze senza contribuire attivamente al raggiungimento degli scopi dell'istituzione.

Centro Studi Giovanni Vicini
Coordinamento Monarchico Italiano

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